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Prestazioni alberghiere: possibilità dedurre come costo l’IVA non detratta

Secondo Assonime non dovrebbero esserci problemi a dedurre come costo l’IVA non detratta sulle prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande documentate con ricevute fiscali invece che con fatture.

Sebbene non vi sia una posizione ufficiale del fisco sulla questione, le note ministeriali 517 e 557 del 1980 ammettono la deducibilità dei costi che si ricollegano ad una scelta di convenienza dell’impresa, che cerca di perseguire il maggior risultato economico. Così, se i costi di gestione amministrativa della fattura risultano supeririori all’importo dell’IVA che si andrebbe a detrarre è lecito scegliere di non detrarre l’IVA.

Inoltre, la detrazione dell’IVA sulle fatture di acquisto è un diritto ma non un obbligo, così il contribuente può rinunciarvi senza che tale scelta sia sindacabile.

Anche l’art. 99 del TUIR, che prevede l’indeducibilità delle imposte sui redditi e di quelle per cui è prevista la rivalsa, anche facoltativa, non dovrebbe applicarsi, dato che la questione della rivalsa IVA si presenta in capo al cedente / prestatore e non in capo all’acquirente. L’IVA pagata al cedente / prestatore si configura come un credito verso l’erario solo in senso lato, dal momento che l’esegibilità di tale credito è subordinata al fatto che il rimborso del credito IVA è previsto solo in casi specifici e dietro concessione di garanzie.

Fonte: Sole 24 ore del 2008-10-23 pag. 34

Provvedimento: Circolare del 2008-10-21 num. Assonime